Di fronte al Tribunale di Tegucigalpa in cui è stata letta la sentenza era raccolto tutto il Copinh, l’organizzazione indigena che Berta Cáceres aveva contribuito a fondare nei primi anni ’90, e di cui era coordinatrice generale quand’è stata uccisa, nella notte tra il 2 e il 3 marzo di tre anni fa. Il Copinh ha ricordato che l’impunità non finisce con una sentenza, devono essere condannati anche gli Atala. Questo cognome appartiene a una delle famiglie più potenti del Paese, gli Atala Zablah, azionisti della società – Desa – che stava sviluppando il progetto idroelettrico Agua Zarca, una diga sul rio Gualquarque, nei pressi della comunità lenca di Rio Blanco, la lotta che è costata la vita a Berta Cáceres e ad altri attivisti del Copinh.
Esiste prova di un coinvolgimento diretto di alcuni manger di Desa nell’omicidio; ne è prova anche il fatto che un alto dirigente di Desa, l’ex presidente della società Roberto David Castillo Mejia, è in carcere dal marzo del 2018, accusato di essere l’ispiratore dell’omicidio. È per tutto questo che il Copinh non si accontenta, e che Bertha Zúniga – figlia della Cáceres, coordinatrice generale dell’organizzazione dopo la morte della madre – ha detto a Telemundo che «questa è la sentenza più povera che lo Stato hondureño avrebbe potuto dare di fronte ad un crimine che ha avuto tanto clamore mediatico in tutto il mondo. Siamo indignati nel sapere che lo Stato avrebbe potuto giudicare i massimi responsabili dell’omicidio, e rompere così la cortina di impunità che è sempre esistita nel Paese, ma che non c’è la volontà politica di farlo». In un comunicato il Copinh chiede che vengano giudicati anche Daniel Atala Midence, José Eduardo Atala Zablah, Pedro Atala Zablah e Jacobo Atala Zablah.
Intanto, nella comunità di Rio Blanco continuano gli attacchi nei confronti dei membri del Copinh, la cui opposizione al progetto idroelettrico Agua Zarca non è stata annichilita dopo la morte di Berta.
In particolare, la leader comunitaria Rosalina Domínguez, il figlio Fredy Leonel e Darwin Sánchez Dominguez sono stati più volte aggrediti e minacciati di morte.
Di questi atti sarebbe responsabile una famiglia di indigeni lenca che, avendo accettato la costruzione della diga, è contraria all’opposizione del Copinh al progetto.