12.07.21 – Managua – Giorgio Trucchi
Quest’articolo è disponibile anche in: Spagnolo
Nelle ultime settimane, quando mancano meno di cinque mesi alle elezioni generali, in Honduras si registra un’accelerazione, in certa misura inaspettata, del contestato progetto delle Zone di impiego e sviluppo economico (ZEDE) che promette impiego, sviluppo e benessere per migliaia di famiglie che vivono sprofondate nella miseria.
Esattamente dieci anni fa, il Congresso riformò vari articoli della Costituzione e approvò un regolamento per la creazione delle Regioni speciali di sviluppo (RED), comunemente dette ‘città modello’ o ‘charter cities.’
Ideate e promosse dall’economista statunitense Paul Romer, le RED proiettavano il sogno di vaste zone di territorio nazionale con un alto grado d’autonomia, offerte per tempo indefinito al capitale multinazionale per, si suppone, creare impiego.
Contro il progetto, che cercava in modo grossolano e approssimativo di attenuare la grave crisi politica, economica e sociale successiva al colpo di stato (2009), si attivarono e mobilitarono organizzazioni sociali, popolari, di giuristi, con l’appoggio deciso di ampi settori della società honduregna.
Si raccolsero firme in tutto il territorio nazionale e si presentarono oltre 50 ricorsi per incostituzionalità. Inoltre, l’Associazione di giuristi per lo stato di diritto accusó formalmente del reato di tradimento alla patria l’allora capo di Stato Porfirio Lobo, il presidente del Congresso Juan Orlando Hernández e 126 deputati.
Nell’ottobre del 2012, il plenum dei magistrati della Corte suprema di giustizia dichiarò inconstituzionale il decreto legislativo 283-2010, con cui i poteri esecutivo e legislativo pretendevano creare le RED.
La decisione venne presa dopo che quattro dei cinque magistrati della Sala Costituzionale avevano fatto la stessa cosa, pronunciandosi sulla valanga di ricorsi di incostituzionalità presentati dai settori antagonisti al progetto. Secondo loro, il decreto minacciava precetti basilari e irremovibili stabiliti nella Costituzione, come la forma di governo e la sovranità nazionale.
ZEDE, sempre la stessa storia
Come c’era da aspettarsi, i principali propugnatori del progetto (oligarchia honduregna e pezzi dello Stato in combutta con la politica tradizionale) non si diedero per vinti. Nel dicembre dello stesso anno, il Congresso, sempre presieduto da Hernández, aprì un processo politico e assestò un vero e proprio colpo di stato tecnico, destituendo i quattro magistrati “ribelli”.
A gennaio del nuovo anno, un’ampia maggioranza parlamentare approvò nuovamente riforme costituzionali per dare vita alle Zone di Impiego e Sviluppo Economico (ZEDE) ed ai regimi speciali (decreto 236-2012). Otto mesi dopo si approvò la relativa legge organica (decreto 120-2013).
ZEDE, un pericolo
Si tratta in pratica di una rielaborazione delle RED, che mantiene intatta la struttura di spazi territoriali con condizioni speciali concessi a investitori stranieri, per implementare attività economiche in totale autonomia in quanto a politica fiscale, doganale, lavorativa, giudiziaria e di sicurezza.
Tuttavia, soltanto 7 anni dopo l’Honduras mosse i primi passi per l’installazione di una ZEDE (Roatán Prospera), concedendo i permessi al consorzio d’investitori internazionali Honduras Próspera, affinché s’installasse nell’isola caraibica di Roatán (Islas de la Bahía) e nel villaggio di Satuyé, alla periferia della città di La Ceiba (Atlántida).
E fu a fine maggio 2021 che il Congresso approvò una controversa riforma alla legge organica delle ZEDE – secondo i partiti d’opposizione nella votazione virtuale non si raggiunse la maggioranza qualificata dei due terzi e vi fu la presenza di persone estranee al parlamento – che amplia ulteriormente gli sgravi erariali e le agevolazioni fiscali per coloro che investiranno in tali progetti.
Ad approvare e regolamentare le nuove ZEDE sarà il Comitato di adozione di migliori pratiche (CAMP), i cui membri sono eletti dall’Esecutivo e che attualmente è composto da persone di assoluta fiducia di Juan Orlando Hernández.
Infine, a metà giugno, la Corte suprema di giustizia approvò in seduta plenaria la Giurisdizione speciale delle ZEDE, che opererà secondo il diritto anglosassone il quale, secondo vari esperti, ha assai poco a che vedere con la cultura giuridica honduregna.
Oltre alla ZEDE a Roatán e La Ceiba, dove Honduras Próspera LLC spera d’investire 500 milioni di dollari e creare circa 10.000 posti di lavoro in vari settori, ne hanno già approvata un’altra (Ciudad Morazán), a Choloma (Cortés), dove si concentrano gli stabilimenti di assemblaggio (maquilas), attività che gode già di ampi benefici e sgravi fiscali. Si estende su un’area di 24 ettari e spera di alloggiare circa 10.000 persone.
Un’altra ZEDE (Orquídea) si sta installando, nella massima segretezza, a San Marcos de Colón (Choluteca), nel sud del paese, finalizzata al settore agroindustriale e disciplinata dal diritto privato dello Stato del Delaware. Altri progetti sarebbero in fase di approvazione nei prossimi mesi in almeno tredici zone del paese, uno scenario che ha risvegliato nuovamente la reazione di ampi settori della popolazione honduregna, specialmente di quelli che si sentono e saranno direttamente danneggiati dai suddetti progetti.
Aumenta la protesta
L’anno scorso, la comunità di Crawfish Rock insorse contro l’installazione della ZEDE ‘Roatán Prospera’, adducendo l’assoluta mancanza di consultazione previa, libera ed informata e la violazione della Convenzione 169 dell’OIT sui popoli indigeni e tribali in paesi indipendenti.
Sulla scia delle proteste si formò l’Alleanza in difesa di Islas de Bahía che, insieme al Consiglio nazionale anticorruzione (CNA) e ad altre istanze, lanciò la campagna ‘Honduras is not for sale/Honduras non è in vendita‘ che ha l’obiettivo di raccogliere firme per chiedere l’abrogazione della legge sulle ZEDE.
In questo contesto di crescente mobilitazione anti-ZEDE, il CNA ha presentato la relazione ‘I peccati capitali delle ZEDE‘. Oltre a considerarle incostituzionali, l’organismo chiede che s’indaghi su coloro che le hanno promosse e incentivate, affinché siano giudicati per il reato di tradimento alla patria.
Il CNA basa il suo impianto accusatorio su vari elementi, tra cui il fatto che stabiliranno la loro propria normativa e politica interna, godranno di autonomia funzionale e amministrativa, stabiliranno un sistema giudiziario autonomo e indipendente, potranno riscuotere e amministrare tasse e stabilire la propria politica monetaria, attivare i loro sistemi di salute, educazione, previdenza sociale, lavoro e dei diritti umani.
Analogamente, sarà permesso loro di effettuare espropri senza controllo, avere un proprio regime e registro delle proprietà, firmare trattati internazionali, controllare porti e aeroporti, disporre di forze pubbliche, servizi segreti e sistema penitenziario propri. Permetteranno perfino a cittadini stranieri di intestarsi terre che per legge possono solo essere intestate a cittadini honduregni.
Per l’Ordine degli avvocati dell’Honduras (CAH) esisterebbero almeno 8 punti delle ZEDE che sono illegali e incostituzionali. L’Ordine introduce anche il concetto di a-legalità, cioè “casi in cui si rispettano le formalità delle norme, ma si approfitta dei loro vuoti o limitazioni per conseguire benefici che hanno conseguenze contrarie al senso di quelle stesse norme”. Nel caso delle ZEDE, si starebbero usando a-legalità per “legittimare concessioni ed usurpazioni territoriali”.
L’Ordine dei medici dell’Honduras (CMH) considera che le ZEDE “violano l’accesso al diritto alla salute e all’abilitazione professionale obbligatoria sancito nella Costituzione”. Inoltre ritiene che lo Stato starebbe perdendo “la posizione di garante dei diritti fondamentali”, quali il diritto alla salute, educazione e previdenza sociale, trasferendoli arbitrariamente al CAMP “a scapito dell’accesso ed esercizio dei diritti che spettano alla popolazione”.
Contro le ZEDE si sono espresse anche università, sindacati, organizzazioni dei diritti umani ed un’amplissima varietà di organizzazioni sociali e popolari. Forti mobilitazioni si registrano in varie località del paese, specialmente nei territori indigeni e contadini.
La stessa Università nazionale autonoma dell’Honduras (UNAH) ha informato che procederà a presentare azioni legali affinché le ZEDE siano dichiarate incostituzionali.
Persino il Sistema delle Nazioni Unite ha espresso preoccupazione rispetto all’ambito costituzionale e legale delle ZEDE, il cui sviluppo “potrebbe comportare seri rischi per l’adempimento dell’obbligo generale dello Stato dell’Honduras di rispettare e garantire il libero e pieno esercizio dei diritti di tutte e tutti gli abitanti, senza discriminazione”.
Falso sviluppo
Alla base di tutto c’è la falsa promessa di sviluppo e creazione di migliaia di posti di lavoro per l’Honduras, paese dove il 70% della popolazione vive in povertà, più del 45% in povertà estrema e ogni giorno centinaia di honduregni fuggono dal paese a causa della violenza, povertà e mancanza di opportunità.
Un miraggio che il Foro sociale del debito estero e sviluppo dell’Honduras (Fosdeh) segnala bene nella sua più recente relazione, in cui avverte che la situazione permanente di crisi sistemica a partire dall’espansione neoliberista “ha avuto il proposito d’invitare il grande capitale, favorendo il suo ingresso in maniera aggressiva, acconsentendo al saccheggio di territori e risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per progetti di sviluppo nazionale”.
Ricorda altresì, che in Honduras è sempre esistito quel tipo di economia di enclave, tuttavia la proposta delle ZEDE accentua un’espansione e radicalizzazione del modello, prioritariamente nei settori minerario, turistico su vasta scala, agroindustriale, della produzione energetica rinnovabile e delle infrastrutture, entrando in conflitto con popolazioni e comunità che “percepiscono questi progetti come una minaccia, vista la scarsa protezione normativa che lo Stato fornisce loro”.
Un terzo grave problema che segnala Fosdeh è che le ZEDE implicano una dinamica di chiusura sociale nel territorio in cui s’installano “con la formazione di strutture di potere che peseranno in futuro sulle decisioni dello Stato”.
La relazione considera la promessa della creazione di posti di lavoro un atto di ‘illusionismo’ e mette in guardia rispetto al mito della decantata e ingannevole responsabilità sociale dell’impresa.
“Tanto il governo, quanto questi settori privati multinazionali, promuovono una serie di proposte demagogiche, volte a creare una percezione collettiva positiva di queste iniziative, per scatenare poi un ‘linciaggio mediatico’ e stigmatizzare coloro che resistono al saccheggio o promuovono proposte alternative a quelle estrattiviste.
Non bisogna dimenticare – continua la relazione – che l’obiettivo ultimo del capitalismo multinazionale e dei governi è quello di rendere i territori non conflittuali per rendere più facile il loro intervento e la depredazione delle risorse”.
Rifugio per capitali illeciti
Ad Ismael Zepeda, economista del Fosdeh, preoccupa che il paese continui a perdere sempre di più in termini tributari, il che estende e acuisce le disuguaglianze.
“Ci preoccupa anche la questione della territorialità, lo sfruttamento sfacciato di territori e beni comuni per produrre ancor più ricchezza per i benestanti. Questo aumenterà la conflittualità e la polarizzazione sociale.
Ci preoccupa che le ZEDE diventino paradisi fiscali e rifugi per capitali illeciti. Non è un caso che il settore finanziario non si sia pronunciato sulle ZEDE. Le stanno vedendo come porti sicuri per trasferire e proteggere le loro ricchezze.
Ci preoccupa – ha insistito Zepeda – la questione dei diritti lavorativi e la falsa immagine che si sta proiettando circa la creazione di sviluppo e nuovi posti di lavoro. L’abbiamo già detto e lo ribadiamo: è una madornale illusione, un miraggio”.
L’economista ha ricordato che diversi investitori considerano già esaurito il modello delle zone franche (maquilas) e le leggi che le regolano, e vedono nelle ZEDE un’estremizzazione di quel medesimo modello. Stiamo parlando di imprese che stanno facendo investimenti milionari, stipulando contratti a livello internazionale, con proiezioni decennali.
“Questo produrrà gravi problemi di costituzionalità, sovranità, territorialità, problemi fiscali e lavorativi”.
Secondo Zepeda, l’attuale congiuntura elettorale viene sfruttata dal partito al governo per la sua campagna, per accelerare l’approvazione delle ZEDE, riformare la legislazione che le regola in modo che sia molto difficile revocarla in futuro.
“Il partito al governo e i suoi alleati sanno che devono sfruttare la correlazione di forze presenti attualmente nel Congresso, cosa che difficilmente si ripresenterà dopo le elezioni di novembre, quando vi sarà una maggiore frammentazione parlamentare.
Analogamente, per i settori che si oppongono alle ZEDE sarà molto più complicato raggiungere i due terzi dei voti per riformare o abrogare la legge. Il controllo quasi assoluto delle istituzioni da parte del partito governativo complica ancor più tale proposito, emergente da ampi settori della popolazione e della società civile”, ha concluso Zepeda.
A dispetto dei giochi della politica, la protesta avanza e si diffonde in tutto il paese. Ce lo assicura Miriam Miranda, coordinatrice dell’Organizzazione fraterna nera honduregna (Ofraneh).
(Fine prima parte – continua)
Traduzione dallo spagnolo di Adelina Bottero