Austrabertha Flores, mamma di Berta Cáceres, esige che si indaghi sui mandanti intellettuali
Austrabertha Flores (Foto G. Trucchi | Rel-UITA)
La Esperanza, 16 maggio (LINyM) -. Domenica 8 maggio, dopo due lunghe giornate di udienza preliminare, quattro delle sei persone arrestate per l’omicidio della dirigente indigena lenca Berta Cáceres sono state rinviate a giudizio e ristrette in stato di custodia cautelare in carcere.
Uno dei processati è Sergio Rodríguez, responsabile ambientale dell’impresa Desarrollo Energéticos S.A., Desa, promotrice del progetto idroelettrico Agua Zarca. Altri due sono militari. Uno di loro, Douglas Geovanny Bustillo, è un tenente dell’esercito in congedo ed ex vicecapo di sicurezza della Desa, mentre Mariano Díaz Chavez è maggiore dei corpi speciali delle Forze armate, nonché istruttore della Polizia militare dell’ordine pubblico, Pmop.
Edilson Duarte Meza e suo fratello gemello Emerson, i presunti sicari, appariranno prossimamente davanti ai giudici.
Questa situazione sembra corroborare l’ipotesi, sostenuta con forza dalla famiglia di Berta Cáceres e dal Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, Copinh, di un coinvolgimento diretto della Desa e dello Stato honduregno nell’omicidio dell’attivista per i diritti umani.
Sia la famiglia che il Copinh continuano a insistere sull’urgenza di una chiusura immediata e definitiva del progetto idroelettrico e sulla necessità di creare una commissione d’indagine internazionale per l’investigazione indipendente e imparziale del crimine. Chiedono inoltre che siano indagati e castigati i mandanti intellettuali che hanno pianificato e finanziato l’omicidio della Cáceres.
Poche ore dopo la decisione della Corte, il progetto idroelettrico Agua Zarca ha reso pubblico un comunicato nel quale, praticamente, sconfessa la decisione del giudice e segnala che “ha fiducia che la giustizia colpirà i veri responsabili di questo fatto spiacevole”.
“Dobbiamo farla finita con questa impunità”
Durante l’incontro che la Missione internazionale di osservazione dei diritti umani ha avuto con la famiglia di Berta Caceres, la LINyM ha conversato con Austrabertha Flores, mamma della dirigente indigena assassinata lo scorso 2 marzo.
-Qual è stata la sua reazione dopo avere saputo il risultato di questa prima fase del processo?
-Non c’è dubbio che il rinvio a giudizio sia il risultato dell’enorme pressione esercitata dalla famiglia e da organizzazioni nazionali e internazionali che ci hanno accompagnato in questa lotta. Si tratta però di un primo passo, perché crediamo che siano stati catturati solamente gli esecutori materiali dell’omicidio. Ora ci aspettiamo che siano indagati gli autori intellettuali, cioè quelli che hanno pagato per far uccidere mia figlia.
-Da dove pensa sia arrivato l’ordine?
-È evidente che sia arrivato dalla stessa Desa, dallo Stato e dai gruppi economici che controllano il Paese. Anche se questo non mi restituirà mia figlia, riuscire a condannare tutte le persone coinvolte nel suo omicidio creerà un precedente e mostrerà al mondo che in Honduras è possibile sconfiggere l’impunità.
Viviamo nel mezzo di una dittatura criminale, che è eredità del golpe e che militarizza la società, mentre la stragrande maggioranza delle persone muore di fame o per mancanza di medicine. Il mondo deve sapere chi ha ucciso mia figlia e che l’ha fatto solamente perché era un’attivista dei diritti umani, perché difendeva i beni comuni, i diritti delle popolazioni indigene, delle donne e dei giovani. Finché questo non accadrà non ci potrà essere giustizia!
-State continuando a chiedere la creazione di una commissione d’indagine internazionale?
-Non ci fidiamo di chi sta conducendo le indagini e abbiamo urgente bisogno della presenza di una commissione d’indagine internazionale per l’investigazione indipendente e imparziale del crimine. Vogliamo che si assicurino alla giustizia tutte quelle persone che si sono macchiate di questo orrendo delitto.
-Son passati più di due mesi dall’omicidio di Berta…
-Sono stati mesi difficili. Come mamma, ogni giorno provo un dolore profondo, una mancanza senza limiti. Berta ha vissuto sempre con me. L’unica cosa che mi rimane da fare è continuare a lottare, con tutta la mia famiglia, con tutta la gente che ci accompagna, esigendo che sia fatta giustizia, che non si continui ad assassinare, che si ponga fine all’impunità.
-Qual è il ricordo più vivo che ha di lei?
-L’ho aiutata a far nascere tre dei suoi quattro figli…solamente Salvadorcito quasi lo partorisce in macchina per i suoi continui impegni…ed è nato all’Hospital Escuela. I ragazzi hanno sempre vissuto con me ed è per questo che mi chiamano mamma Bertha. L’altra cosa che mi porterò sempre con me è il ricordo dell’ultima serata passata insieme, poco prima di essere assassinata. Mi aveva parlato della sua persecuzione, del timore che aveva di essere uccisa da un momento all’altro…
-Le ha detto questo?
-Proprio così. Aveva paura per i suoi ragazzi e non si sentiva sicura. Nonostate ciò non si è mai fermata e ha continuato a lavorare con impegno e dedizione.
-È impressionante vedere come la solidarietà nazionale e internazionale non sia cessata un solo istante dopo il suo omicidio
-Berta era una vera leader e la gente del Copinh si fidava ciecamente di lei. Lascia un’eredità importante di impegno e di lotta contro le politiche che in questi anni hanno consegnato territori interi alle multinazioni e ai latifondisti locali. Apprezzo profondamente tutta questa solidarietà.
Gli assassini di Berta si sono sbagliati, perché lei vive e continuerà a farlo nei cuori di tutte quelle persone che nel mondo lottano per la giustizia. La lotta continuerà fino a quando non vedremo cadere il governo di questo dittatore e non ci sarà un vero cambiamento in Honduras.
di Giorgio Trucchi
Traduzione Giampaolo Rocchi