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Honduras,
i boschi sono solo slogan
Bello slogan, quello scelto dal governo del Honduras per pubblicizzare la propria opzione ambientalista. Peccato che «Difendiamo i boschi» è solo uno slogan, ripetuto in modo ossessivo dalle targhe di tutte le auto immatricolate nella repubblica centroamericana. Un impegno che rimane solo sulla carta: tra il 1990 ed il 2000, il paese ha perso circa il 10% della propria superficie forestale (5,4 milioni di ettari, in totale, nel 2000). Governo, amministratori pubblici e gli imprenditori più ricchi e potenti del Honduras hanno di fatto formato un «cartello» che in nome del profitto sta mettendo a rischio le risorse forestali e l'assetto idrogeologico di interi dipartimenti del paese. Senza guardare in faccia niente e nessuno: una ricerca sul campo realizzata nel corso del 2005 dall'Agenzia per l'Investigazione Ambientale (Eia, un'organizzazione non governativa britannica) e dal Center for International Policy (Cip) denuncia, tra l'altro, la devastazione della Riserva della Biosfera del Río Platano, la più grande del paese, che copre 800.000 ettari nella regione nordorientale di Honduras. Stabilita nel 1980 per proteggere una sezione vitale del Corridoio Biologico Mesoamericano, si stima che già un 10% della Riserva sia stato tagliato (illegalmente): l'Unesco dal 1996 la classifica area «in pericolo». Un quadro non bello, anche se ha permesso al presidente - uscente - Ricardo Maduro di ritirare, nel 2003, il premio ambientalista Sorella Natura International, istituito dalla fondazione umbra che -dice - ispirare le proprie azioni ai principi di San Francesco d'Assisi (www.sorellanaura.org). Il record della zona più tagliata va all'Olancho, il più grande tra i dipartimenti del Honduras che è anche la riserva forestale del paese: vi si trova oggi quasi il 50% delle foreste del Honduras. Non ci resteranno per molto, però: secondo il Movimento ambientalista dell'Olancho (Mao), in lotta contro i tagli illegali, ogni cinque minuti si distrugge un ettaro di bosco. 120 camion escono ogni giorno dai confini del dipartimento caricando almeno 20 metri cubi di legname. Ogni anno si tagliano almeno 10 milioni di alberi, con il beneplacito degli amministratori locali. Gilma Noriega, figlia di Guillermo, titolare di Maderas Noriega, un'impresa che esporta vari milioni di tavole ogni mese principalmente verso gli Stati Uniti d'America e il mercato europeo, è stata esplicita nella sua intervista con i ricercatori dell'Eia, spacciatisi per potenziali investitori: «Lavoriamo in Olancho da 16 anni. Basta trovare un accordo con il sindaco, e pagarlo perché ci permetta di continuare». La corruzione tocca, naturalmente, anche le strutture governative. Nel 2004, il direttore di Cohdefor (la Corporacion Hondureña de Desarrollo Forestal), Gustavo Morales, è stato costretto a dimettersi proprio per aver favorito Noriega, concedendo permessi di taglio in Olancho. Corruzione, interessi economici, disprezzo dell'ambiente: c'è tutto questo dietro la deforestazione del pianeta, che continua a ritmi incessanti. Secondo il rapporto Fao Valutazione delle Risorse Forestali Mondiali 2005 (Fra 2005), http://www.fao.org/forestry/fra2005, tra il 2000 ed il 2005, la perdita netta di area boschiva mondiale è stata di 7,3 milioni di ettari all'anno. Un po' meno rispetto a quella registrata nel decennio 1990-2000 (8,9 milioni di ettari l'anno) ma un dato comunque impressionante. Ogni anno continua a sparire un'area pari alle dimensioni della Sierra Leone o di Panama; un ammontare equivalente allo 0,18 percento della superficie forestale mondiale, pari a 4 miliardi di ettari (mentre le «foreste primarie», quelle che non presentano tracce visibili di attività umane passate o presenti, rappresentano ormai solo il 36 percento del totale). E il Centro America è sempre più fragile: «Gli smottamenti sono diventati sempre più frequenti» ha detto John Sauven, direttore di Greenpeace al quotidiano inglese The Independent in occasione del violento uragano Stan, che ha colpito la regione in ottobre, «e la deforestazione gioca senz'altro un ruolo in tutto questo». di Luca Martinelli, Collettivo Italia Centroamerica |