Honduras
Solidarietà di fronte ai costanti attacchi contro i difensori dei diritti umani
El Salvador, 31 gennaio (LINyM | Rel-UITA)-. Lo scorso dicembre, a Porto Alegre in Brasile, nell’ambito della trentesima edizione del Premio Diritti Umani al Giornalismo, Bertha Oliva, coordinatrice del Comitato dei familiari detenuti e scomparsi in Honduras, Cofadeh, è stata premiata per la sua lunga lotta per la promozione e la difesa dei diritti umani. La Rel ha realizzato un’intervista per analizzare con lei la situazione in Honduras.
– Lo scorso 27 gennaio, Juan Orlando Hernández si è insediato come presidente dell’Honduras. Come si presenta la situazione dei diritti umani nei prossimi anni?
– Con l’insediamento di Juan Orlando, in Honduras si è consolidata una dittatura mascherata da democrazia. Nelle elezioni abbiamo visto come il popolo è stato manipolato ed ingannato e come il Tribunale Supremo Elettorale ha imposto il governo o regime attuale. Questo non aiuta per niente la democrazia, né i processi di trasparenza di cui ha bisogno l’Honduras.
Chi si è insediato alla presidenza questo 27 gennaio controlla tutte le istituzioni dello Stato, e il suo partito si è assunto il compito di approvare una serie di leggi che attentano contro i diritti umani, la Costituzione e i trattati internazionali sottoscritti dall’Honduras.
Per questo, tutte le persone che si oppongono a questo governo e che difendono l’idea che si deve restituire al Paese quella democrazia formale che è stata abbattuta dal colpo di Stato del 2009, si trovano in una situazione di vulnerabilità assoluta.
Personalmente, sono fermamente decisa a continuare nell’attività che il Cofadeh svolge da più di 30 anni, specializzandoci sempre di più e consolidando la nostra capacità di investigazione, documentazione e denuncia delle violazioni dei diritti umani.
Solo così potremo evitare che il Paese affondi sempre più in un’involuzione accelerata delle istituzioni e della democrazia.
– Quali sono i prossimi passi del Cofadeh?
– Non sarà facile, però le sfide nei momenti difficili sono state sempre la nostra priorità. Quello che ci interessa in questo momento è essere puntuali e precisi nelle denunce, in modo che nessuno possa cercare di politicizzare o squalificare il nostro lavoro di difensori dei diritti umani.
– Nel mese di dicembre, a Porto Alegre, diverse organizzazioni, inclusa la Rel-UITA, ti hanno assegnato un importante riconoscimento per il tuo impegno nella promozione della difesa della vita. Come hai vissuto questa notizia?
– Devo confessare che all’inizio pensavo si trattasse di uno scherzo, perché eravamo vicini al “Día de los Inocentes” (28 dicembre). Quando ho visto il tuo articolo e le foto mi sono resa conto che era vero, e devo ammettere che è stato molto emozionante. E’ stato molto gratificante.
I riconoscimenti che si ricevono per il lavoro svolto ti fanno sentire bene. Vedere Gerardo (Iglesias, segretario regionale della UITA) ritirare il riconoscimento a mio nome mi ha dato emozioni forti e mi ha fatto sentire felice. Mi sarebbe piaciuto essere li per dire “Grazie!” Sono gesti che non si dimenticano.
– Questi riconoscimenti aiutano, in qualche modo, a ridurre la pressione e le minacce contro la tua persona e contro il Cofadeh?
– Sono atti che contengono due cose implicite. La prima è l’appoggio diretto alla persona, all’organizzazione e alla causa che si sta difendendo.
La seconda è che manda un messaggio chiaro agli oppressori, a quelli che non rispettano i diritti umani, che promuovono politiche statali che aumentano la ferocia contro i difensori dei diritti umani.
Sono atti di protezione e di solidarietà nei nostri confronti, perché c’è coscienza dei rischi che corriamo a fare questo lavoro. Tutto questo ci spinge a impegnarci ancora di più con la causa della difesa della vita. Inoltre è un riconoscimento alla memoria, e la memoria riguarda tutti, quelli che non ci sono più e quelli che ancora sono qui. Ed ha un effetto moltiplicatore, ti fa sentire bene, è bello e ti da energia
Fonte original: Rel-UITA
Traduzione: Sergio Orazi – AIN