Il Tribunale Superiore Elettorale (TSE) dell’Honduras è stato scavalcato dalle rivendicazioni di trionfo espresse dagli aspiranti principali nell’elezione presidenziale realizzata domenica scorsa: il conservatore Juan Hernandez, del Partito Nazionale, e la candidata del gruppo progressista Libertà e Rifondazione (Libre), Xiomara Castro.
Dopo l’annuncio ufficiale di supposte tendenze favorevoli al primo, i dirigenti di Libre, diretti dall’ex mandatario di questo paese Manuel Zelaya, abbattuto da un golpe militare nel giugno del 2009 e sposo della candidata di Libre, hanno denunciato che l’autorità elettorale cerca di distorcere il senso del verdetto cittadino per mezzo della trasmissione irregolare dei risultati.
Gli oppositori hanno denunciato pratiche dolose, come l’esclusione di 400 mila suffragi dai risultati preliminari annunciati dal TSE e l’inclusione maggioritaria di verbali che danno il vantaggio all’aspirante filo-governativo, 20% dei quali esibisce molte inconsistenze.
Un precedente che deve tenersi in conto è la ripartizione illegale di credenziali per la votazione realizzato dal Partito Nazionale alla vigilia delle elezioni primarie dell’anno scorso. In quell’occasione, gli stessi pre-candidati di questa organizzazione si sono lamentati perché Juan Hernandez realizzava questa pratica che è stata documentata quando il Pubblico Ministero ha sequestrato migliaia di documenti di identità in una le casa di campagna del Partito Nazionale.
Per il resto, la denuncia di frode formulata da Libre obbliga a ricordare l’origine illegittima ed antidemocratica dell’attuale regime, sorto dal golpe di stato che interruppe la normalità democratica in Honduras, ha espulso dal potere all’allora presidente costituzionale, Manuel Zelaya, ed ha intrapreso una repressione implacabile contro la Resistenza.
È chiaro, per il resto, che nei comizi celebrati domenica nella nazione centroamericana si sono affrontati due progetti contrapposti di paese: quello della continuità oligarchica ed antidemocratica, rappresentato da Hernandez, e la proposta sociale moderata di Xiomara Castro.
Se l’oligarchia honduregna è stata capace di intraprendere un golpe –appoggiato dall’allora segretaria di Stato statunitense Hillary Clinton–pur di mantenere intatti i suoi privilegi ed il suo allineamento incondizionato con Washington, non sembra improbabile che ora abbia optato per la frode elettorale come una maniera di difendere i suoi interessi e la sua permanenza nel potere.
Nelle ore e giorni prossimi sarà possibile sapere se le fazioni oligarchiche sono capaci di mantenere la coesione, se l’organizzazione politica fondata l’anno scorso per lo spettro progressista dell’Honduras ha la solidità sufficiente per liberare con successo, mediante le vie giuridiche e le mobilitazioni, la battaglia post-elettorale ed, in caso che la denuncia di frode si consolidi e si comprovi, se la comunità latinoamericana riesca ad impiegarsi all’altezza delle circostanze ed isolare un regime che ha ratificato la sua illegittimità in molte forme ed in diverse occasioni.
preso da La Jornada
traduzione di Ida Garberi