Oggi la comunità honduregna immigrata in Spagna è indignata per la morte di Keyla Patricia Martínez (26 anni), figlia di una donna honduregna immigrata in Spagna. Keyla si trovava sotto custodia della polizia, quando morì sabato 7 febbraio in una cella dell’Unità Dipartimentale della Polizia Nazionale, a La Esperanza, Honduras. Per via del coprifuoco e della relativa sospensione delle garanzie costituzionali, era stata portata lì dalla polizia e rinchiusa in una cella. Pertanto c’è una responsabilità diretta della polizia nella sua morte, eppure si rifiutano d’indagare le circostanze in cui è avvenuta. Che cosa stanno nascondendo? Che cosa occultano dell’assassinio di Keyla per mano della polizia?
Il caso di Keyla è un altro femminicidio che si aggiunge alla lista, in un Paese dove l’impunità supera il 90 %. Tra il 2010 e il 2019 appena il 35 % dei casi pervenuti al Pubblico Ministero entrarono nei tribunali. Dei 104 casi di femminicidio giunti alla Corte Suprema di Giustizia tra il 2014 e il 2019, soltanto 23 hanno ottenuto una sentenza. Secondo il Centro dei Diritti della Donna, nel corso del 2020 si sono registrate 247 morti violente di donne. Denunciamo anche i femminicidi di: Alba Flores (15 anni) nelle Isole della Bahìa, Keily Hernandez (19 anni) a Siguatepeque e Leonor Calix (48 anni) a Jutiapa, compiuti nel giro di 24 ore. Non permetteremo che il caso di Keyla rimanga impunito, per di più quando l’istituzione statale honduregna preposta alla “sicurezza pubblica” è direttamente implicata.
Il popolo è stufo della repressione perpetrata l’apparato poliziesco e militare dell’Honduras. Sebbene gli stanziamenti per il Pubblico Ministero e il Potere Giudiziario siano stati tagliati, le spese militari, le dotazioni per le squadre antisommossa e per il cyber-controllo sono una priorità del governo, come forma di dominio sul popolo.
L’Unione Europea e la Spagna da anni stanno appoggiando il potere giudiziario honduregno, che esiste soltanto per sostenere il narcostato. Un progetto chiamato Eurogiustizia, che ha per obiettivo rafforzare la giustizia in Honduras. Com’è possibile che uno Stato che si autoproclama democratico, come la Spagna, continui a sostenere una narcodittatura?
La disuguaglianza sociale, violenza, impunità ed insicurezza stanno provocando un esodo senza precedenti. L’attenzione mediatica si è concentrata sulle Carovane dei Migranti, però l’esodo non avviene solo via terra, ma anche per via aerea. Emigrare è molto più che lasciarsi alle spalle il paese d’origine, alla ricerca di un lavoro per provvedere al sostentamento della famiglia, dalla quale seppure ci si allontana. La madre di Keyla, compatriota emigrata e residente a Madrid, così ne dà testimonianza.
Le persone di nazionalità honduregna censite in Spagna al 1° gennaio 2020 sono 142.000, il 74 % donne, secondo i dati dei registri anagrafici. Fuggono dall’Honduras dove la dittatura è supportata e rafforzata dallo stato honduregno mediante la violenza strutturale e patriarcale.
Nonostante questa situazione, lo Stato spagnolo nega sistematicamente le richieste di Asilo alla comunità honduregna: nel 2019, vennero rifiutate 930 richieste di Asilo, e solo 226 approvate con lo status di rifugiato.
Come comunità honduregna immigrata in Spagna, ripudiamo energicamente la sistematica violenza che la polizia esercita contro le donne, contro uomini e donne che cercano ed esigono giustizia, contro coloro che difendono la vita.
Facciamo un appello alla solidarietà internazionale, affinché ripudi questa carica di violenza in Honduras, chiedendo un’indagine tempestiva e trasparente del femminicidio di Keyla Martínez.
Keyla è morta per responsabilità della polizia nazionale honduregna, un corpo corrotto, violento ed impune, mentre invece dovrebbe avere la funzione di proteggere e salvaguardare la vita delle persone.
Come comunità honduregna immigrata in Spagna, siamo solidali con la madre di Keyla e nel contempo chiediamo alle autorità cui corrisponde, di far luce sul caso in modo esaustivo e trasparente.
Esigiamo verità, giustizia e riparazione per l’assassinio di Keyla e delle altre donne uccise in Honduras, e la fine della repressione poliziesca e militare verso un popolo che solo chiede Giustizia.
Traduzione Adelina Bottero