E’ arrivata la sentenza di primo grado per l’omicidio di Berta Caceres, portavoce indigena del Copinh, ammazzata per le denunce sociali, ambientali e politiche il 3 marzo 2016. Sette degli otto imputati, accusati di avere materialmente ucciso la donna, sono stati riconosciuti colpevoli. Di questi 4 sono stati anche condannati per tentato omicidio contro l’attivista messicano Gustavo Castro, sfuggito fortunosamente all’agguato. Uno, invece, è stato assolto. Le pene verranno rese note il 10 gennaio.
Tanto gli avvocati, come la famiglia e il Copinh, hanno dichiarato che “ciò che è rimasto ancora più chiaro di questo processo giudiziario è che la famiglia Atala Zablah, proprietari dell’azienda Desa, titolare della concessione per la costruzione del gigantesco progetto idroelettrico contro cui Berta si batteva, sono dietro tutta la trama che ha portato all’omicidio: ma non hanno pagato. Per questo la lotta continua”.
Luca Martinelli, giornalista indipendente.
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