La polizia caccia con violenza una comunità indigena che occupava una ferrovia
I conflitti per la proprietà dei territori nella Patagonia argentina tornano a scrivere un’altra pagina sanguinosa nella storia. Questa settimana, forze della polizia sono entrate due volte in una comunità mapuche nella provincia di Chubut (a 1.700 chilometri da Buenos Aires) e represso i suoi appartenenti con pestaggi e sparatorie, secondo le testimonianze dei nativi. La Provincia afferma invece che sono stati questi a sparare alla polizia. Il risultato è di nove nativi feriti, dieci arrestati e cinque poliziotti infortunati.
La controversia nasce dall’uso che fa la Provincia del noto treno La Trochita, oggi destinato al solo sfruttamento turistico, la cui linea attraversa terreni che da anni si disputano nei tribunali la comunità e l’uomo d’affari italiano Luciano Benetton, che possiede più di 800.000 ettari in Patagonia. I primi segnali di allarme sono arrivati lo scorso fine settimana, quando la comunità Resistenza Cushamen informò attraverso i social network dell’attività incessante di forze e mezzi di polizia che si muovevano nella zona situata tra la strada nazionale 40 e la provinciale 258, una strada di collegamento tra i villaggi di Esquel e Maitén dove passa anche la linea ferroviaria secondaria del treno La Trochita.
Un tempo la linea ferroviaria secondaria aveva uno scopo sociale, trasportando la gente di città in città, ma da 20 anni il servizio non viene effettuato ed è utilizzato esclusivamente per scopi turistici con pacchetti che girano intorno ai 700 pesos ($ 44). Gli abitanti vogliono che la Provincia li avvisi ogni volta che la linea deve essere utilizzata in modo che si capisca che queste terre appartengono a loro. Il disappunto è arrivato con la sospensione del tavolo di dialogo dopo due tentativi di accordo. Quindi i Mapuche hanno bloccato le strade.
“Martedì alle sei di mattina i poliziotti hanno completato un accerchiamento di quasi 5 chilometri che ha compreso tutti i tre possibili accessi e con 200 soldati sono entrati nella comunità con un ordine firmato dal giudice Guido Otranto”, dice a EL PAÍS Soraya Maicoño, portavoce della comunità. “L’ordine del giudice li autorizzava a entrare, prendere le cose e identificare, ma sono entrati sparando proiettili di gomma. Sette dei nostri guerrieri li hanno affrontati, ma erano in svantaggio e sono scappati, tre comunque sono stati arrestati,” aggiunge la donna, “Li hanno colpiti selvaggiamente e messi su un’ambulanza dalle otto di mattina fino alle tre del pomeriggio, senza assistenza medica. La polizia ha circondato la casa in cui si trovavano le donne e distrutto porte, pareti e finestre. Hanno preso le donne per i capelli e tirato, le hanno gettate a terra, picchiate e ammanettate. I bambini giravano intorno alle loro madri assistendo a tutta la scena”. Verso le tre un avvocato ha presentato un habeas corpus a nome della comunità, le donne sono state rilasciate e sono tornate a casa.
Il governatore di Chubut, Mario Das Neves, se ne è venuto fuori in dichiarazioni alla stampa locale contro i mapuche. Ha detto che “hanno lanciato pietre contro un elicottero che doveva spegnere un incendio sul posto che occupano” e ha assicurato che quando la polizia provinciale si è ritirata dal luogo “è stata colpita con armi da fuoco, non con fionde, e le pietre sono sempre più grandi.” Inoltre ha dichiarato che (il giudice) “Otranto ha ritrattato, ed è stato lui ad emettere l’ordine di sgombero.” “Non permetteremo nessun abuso. Continueremo a denunciare i violenti”, ha detto il rappresentante della provincia.
Mercoledì scorso, i mapuche avevano denunciato una nuova repressione contro la comunità. “Si è fermata una camionetta da cui sono scesi dieci soldati con fucili e carabine e hanno iniziato a sparare al grido ‘uccidiamone qualcuno’”, dice Maicoño. E’ stato gravemente ferito Emilio Jones, un mapuche che vive nella città di Bariloche, ma che ha la famiglia nella zona di Chubut. Un proiettile di piombo è entrato dal collo e ha provocando la rottura della mascella. “Lo hanno mandato due volte prima che venisse assistito all’ospedale di El Bolson, ora ha bisogno della ricostruzione della mandibola con una placca di titanio, ma costa più di 50.000 pesos (US $ 3.135), non può parlare o mangiare, anche se per fortuna è già a Bariloche con la sua famiglia”, riferisce la portavoce.
La comunità mapuche sostiene di avere i domini delle terre in questione, parte del vasto territorio che detiene la Compagnia delle terre del sud argentino, proprietà di Benetton dal 1991. La società si dichiara proprietaria di un territorio oggetto di controversia dal 1891, poco dopo la fine della cosiddetta Campagna del Deserto, che mise fine ai possessi indigeni nella zona tra il 1878 e il 1885. Secondo la sua versione, non c’erano mai stati reclami da parte dei nativi prima che la società passasse nelle mani della società italiana, che oggi è uno dei più grandi proprietari terrieri stranieri in Patagonia.
Per l’azienda, l’operazione di polizia è estranea alle cause promosse da Benetton in tribunale contro la comunità, ma “per garantire il passaggio di un treno impedito da questi gruppi violenti.” Fonti della società affermano che il popolo mapuche occupa illegalmente il luogo di Vuelta del Rio da due anni e ci sono stati numerosi atti di violenza contro la proprietà e diversi dipendenti della società, come incendi, furto di bestiame, taglio di recinzioni di filo spinato e colpi intimidatori. “Siamo in una situazione di violenza reiterata, senza limitazioni, non c’è modo di fermarli e si sentono fieri delle loro violenze” sottolineano.
La repressione della polizia contro la comunità Resistenza Cushamen è stata condannata da Amnesty International. L’agenzia considera sproporzionato l’invio di 200 poliziotti per liberare la ferrovia e denuncia la violenza esercitata contro tutti i presenti, tra i quali c’erano donne e bambini. L’unico punto in comune tra le parti è la necessità di un coinvolgimento dello Stato per raggiungere una soluzione pacifica. “La comunità è stata spogliata e tenta di recuperare le proprie terre. Occorre ripensare le forme di coordinamento con le comunità”, dice Paola Rey Garcia, direttrice di Protezione e Promozione dei diritti umani di Amnesty International Argentina. “Oggi non si sta discutendo la questione di fondo, che è quello che facciamo con le terre originarie. E’ una richiesta che potrebbe anche essere giusta, ma la risposta è limitata, deve darla lo Stato”, dice Benetton. Senza l’intervento del governo, la vertenza resterà aperta.
Il gruppo di artiste tessili Puntadas Ranquelas ha cominciato a inviare mail all’indirizzo email di Benetton in Italia. Dicono:
“L’idea è far sentire che qui non ci piace quello che stanno facendo e che ognuno scriva quello che preferisce.” Nelle loro email, fra l’altro, hanno scritto: “Benetton complice. Benetton contraddice la sua politica a favore della diversità, che è pura apparenza e strategia di marketing visto che è complice e causa principale della repressione dei popoli indigeni nel Chubut, Patagonia argentina. Che il mondo intero sappia, ed è quello che faremo. Benetton fuori dall’Argentina.”
L’indirizzo email è press@benetton.it
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Traduzione Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org
Fonte: http://internacional.elpais.com/internacional/2017/01/12/argentina/1484245950_028758.html